martedì 3 novembre 2009

Processo alla Masan.

Riportiamo un articolo pubblicato sulla cronaca locale de "Il Messaggero" oggi in edicola che ricostruisce la richiesta del PM nei confronti degli imputati nel processo alla Masan.


Masan, chiesti 50 anni di carcere
Il pm: «L’azione criminale ha provocato enormi danni ambientali»


di MASSIMO CAVOLI

Due ore per ricostruire tutti i passaggi del traffico di rifiuti al centro del quale c’era la Masan, lo stabilimento di Magliano Sabina dove, secondo l’accusa, rifiuti pericolosi venivano riciclati come fertilizzante utilizzato nelle coltivazioni agricole. Alla fine sono arrivate le richieste di condanna per 16 dei 19 imputati (altri due erano stati già condannati in precedenza con i riti alternativi) sollecitate dal pubblico ministero Cristina Cambi, per un ammontare superiore ai 50 anni di carcere. Una requisitoria puntigliosa, quella della rappresentante della procura, che ha ripercorso le tappe di uno scandalo che le indagini di forestale e carabinieri nonchè le intercettazioni telefoniche, contribuirono a disegnare in tutta la sua gravità.
«E’ certo che l’azione criminosa ha provocato un danno ambientale rilevante, i rifiuti che venivano introdotti da autotrasportatori compiacenti all’interno della Masan, non venivano lavorati e, invece di restare tre mesi per essere sottoposti al trattamento, riuscivano quasi subito, mischiati a quelli prodotti dall’azienda e destinati a realizzare il fertilizzante» ha sottolineato il pubblico ministero, definendo le accuse «ampiamente provate», per poi aggiungere: «Il meccanismo era teso a realizzare un giro bolla, cioè a trasformare il rifiuto solo sul piano cartaceo e senza sottoporlo ad alcun trattamento. In questo modo tutti ci guadagnavano, dagli stessi gestori della Masan alle aziende agricole che reimpiegavano nelle coltivazioni il compost prodotto anche con gli scarti di lavorazioni conciarie e manifatturiere. E quando qualche proprietario di terreni appariva titubante, veniva pagato perchè cambiasse idea». Un traffico che ha finito per intrecciarsi con altre inchieste sviluppatesi in Campania, patria di molte operazioni illecite, tanto che il principale imputato, Massimo Dami (mai presente al processo) attualmente risulta coinvolto in altre indagini a Napoli e anche in Abruzzo. E poi c’era quel Luigi Cardiello, di Sant’Arsenio, amico di Dami, che intercettato al telefono, spiega come trasferire in una discarica in riva al Tevere grandi quantità di rifiuti inquinati e come superare le resistente del titolare, cioè pagando. «Proprio le intercettazioni - ha detto il pm Cambi - ci danno un quadro completo del traffico e dei sistemi utilizzati per alterare i contenuti e i parametri dei prodotti che dovevano essere trattati».
Quindi le richieste di condanna: 4 anni e sei mesi ognuno per Massimo Dami, per il suo braccio destro a magliano, Michele Falaschi, per Roberto Caldini e Luigi Cardiello, tutti considerati come le ”menti” del traffico che per loro costituivano un’innegabile fonte di reddito. Quindi 3 annni e 6 mesi a testa per i proprietari dei terreni e due anni e 6 mesi per nove autotrasportatori. Per tutti pene accessorie, obbligo di bonifica dei terreni inquinati e risarcimento dei danni. Tre sole le assoluzioni richieste ”perchè il fatto non sussiste” mentre il pubblico ministero ha sollecitato l’assoluzione di tutti e 19 gli imputati dal reato di truffa e la dichiarazione di prescrizione per altre imputazioni minori. Ora si tornerà in aula il 30 novembre per ascoltare i difensori, mentre il 9 dicembre il giudice Fanelli conta di chiudere la discussione e pronunciare la sentenza. Ma è solo una previsione.

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